Moto anticrisi : BMW R 75/5 (1969 – 1973)

Moto anticrisi : BMW R 75/5 (1969 – 1973)

Terza puntata delle nostre monografie sulle moto che hanno fatto la storia e che oggi possono essere un ottimo investimento per chi desidera una sella, ma al giusto prezzoVerso la fine degli anni 60’ un manipolo di visionari ingegneri sfida le fredde logiche aziendali e crea la divisione Motorrad grazie ad una incredibile 750 che […]

di 
25 Novembre 2014 - 00:00

Terza puntata delle nostre monografie sulle moto che hanno fatto la storia e che oggi possono essere un ottimo investimento per chi desidera una sella, ma al giusto prezzo
Verso la fine degli anni 60’ un manipolo di visionari ingegneri sfida le fredde logiche aziendali e crea la divisione Motorrad grazie ad una incredibile 750 che nonostante la fedeltà alla tradizione da il via al “fenomeno boxer”, aggiudicandosi un meritato posto nell’olimpo delle maxi.more

  • Correva l’anno 1969

Non tutti sanno che gli anni 60’ rappresentarono un momento molto delicato per l’azienda di Monaco; un momento in cui occorreva fare delle scelte decisive per mantenere l’azienda competitiva sul mercato globale.

Le automobili erano diventate da tempo il fulcro principale degli introiti ; questo perché il “popolo” era in grado di permettersele e le considerava un passo verso la modernità. Le moto erano perlopiù un ricordo del dopoguerra ; mezzi economici che non richiedevano una modifica sostanziale della catena di montaggio a fronte della riconversione.

Questo però è anche il periodo in cui i giapponesi schieravano le varie Honda CB, Kawasaki H e Suzuki T . Motociclette dai contenuti straordinari che erano contrastate duramente dalla esperienza telaistica italiana e inglese; la prima faceva rima con Guzzi e la seconda con Norton.

Era scoppiata la guerra delle maxi: le due ruote erano oggetti di culto, costosi e fatti per chi ci si sapeva andare ma i Tedeschi sembravano non essere in grado di reggere il confronto e le loro quattroruote spopolavano.

Daimler-Benz voleva acquistare Berlino Spandau e i manager non avevano intenzione investire nel mercato moto; infatti pur se è vero che oggi l’elica vanta la migliore rete di franchising a livello mondiale, a quei tempi le boxer di Monaco rimanevano nei retrobottega dei concessionari.

  • LA SERIE R/5

Come nelle storie più romantiche , contro ogni stereotipo sulla cultura teutonica , un gruppo di ingegneri si impose sulla dirigenza e creò la divisione moto. Era giunta l’ora di trovare un degno erede al propulsore della vecchia R69. Questa unità rappresentava l’orgoglio dei tecnici considerata la sua estrema leggerezza e la sua regolarità di erogazione; la paura era di non essere in grado di replicare queste caratteristiche nel contesto dei nuovi target imposti dall’allora direttore tecnico Helmut Werner Bonsch insieme al vice Claus Von Rucker.

  • Motore : innovazione nel solco della tradizione

Il magico trio dei motoristi : Harald Hettlich, Helmut Dahne e Alexander Falkenhausen dovevano realizzare l’irrealizzabile.

Mantenere la configurazione boxer del motore aumentando cilindrata e potenza senza dimenticare l’ affidabilità visto che il nuovo 750 sarebbe stata la base del futuro 900.

La nuova gamma denominata R/5 annoverava una 500, una 600 e ovviamente la r75. A partire da queste e per tutte le BMW 2valvole che sarebbero arrivate si stabilì di mantenere la corsa costante così che l’aumento di prestazioni sarebbe stato determinato sostanzialmente dall’aumento dell’alesaggio. I 50 cv sviluppati dalla r in esame costituivano certamente un record ma per evitare rotture a fronte di impieghi futuri ( la r90/6 ne svillupava 67) bisognava spingersi oltre.

  • Le auto danno una mano… anzi una bronzina

In precedenza si utilizzavano i tanto amati cuscinetti a rulli per l’albero a gomiti; questo tipo di manovellismo generava pochissimo attrito interno ma richiedeva il rispetto di tolleranze particolari. La fase di produzione ne risultava complessa e dispendiosa in termini di tempo; era necessaria una perizia quasi artigianale. Tanto per cambiare si decise di prendere ispirazione dall’allora 1500cc automobilistico. Da questo venne prelevata una bronzina così da porla nel piede di biella. Il motore girava molto ruvido soprattutto ai regimi più elevati vista la notevole variazione del volume del basamento con i cilindri contrapposti: come risolsero il problema? Semplice, si aggiunse una seconda camera di espansione e diverse fusioni in alluminio furono sostituite da pezzi fucinati.

Il quadro fu completato da : un albero motore in pezzo unico, la catena di distribuzione duplex, un nuovo cambio e i raffinatissimi carburatori Bing a depressione costante. Con 12 kg in meno e 8 cv in più rispetto alla precedente generazione si meritano i complimenti degli appassionati di ieri, di oggi e anche di domani.

  • Il telaio: a scuola di inglese

Von der Marvitz e Gutsche non fecero mistero di aver preso ispirazione dal doppia culla della Norton Manx conosciuto allora come featherbed ( Gutsche possedeva anche la mitica bonneville; conosceva bene la sua rinomata maneggevolezza).

Per risparmiare sui costi di collaudo e progettazione venne creata la “tipo 246”; un prototipo da fuoristrada che avrebbe partecipato a di verse competizioni di regolarità così da testare il comportamento del telaio e della nuova forcella telescopica in condizioni di forti sollecitazioni.

Nonostante gli scetticismi e la rottura di tutti i telai durante la 6 giorni all’isola di Man i tecnici lavorarono duro portando in fondo il progetto denominato M04; i nuovi tubi a sezione tonda /ovale e il particolare intreccio in prossimità del cannotto di sterzo garantivano alla new entry dell’elica una rigidità e una maneggevolezza più che soddisfacenti.

  • Alla guida : elitaria, confortevole, in poche parole: inarrestabile

La genialità consistette nel voluto distacco dalla competizione prestazionale per dedicarsi alla massima affidabilità, robustezza e assenza di vibrazioni ; per la prima volta gli appassionati furono in grado di dedicarsi al turismo in moto senza dolori fisici, rumorosità meccanica e continue soste dovute alla cronica inaffidabilità delle due ruote anni 70′.

Eccezion fatta per un cambio al minimo sindacale questa creazione teutonica fu un successo commerciale: facile e maneggevole con consumi ridotti , risultava piacevole anche ai meno esperti; la velocità di punta era interessante, ma il reparto sospensioni quasi fuoristradistico sconsigliava di inseguire le Guzzi nel misto di montagna.

  • Cosa controllare:
  1. Guarnizioni : potrebbero essere secche; assicuratevi che il proprietario non l’abbia tenuta ferma per molto.
  2. Marmitte: controllatele con perizia perchè sono il punto debole di tutti i boxer 2v.
  3. Serbatoio: picchiettate sotto con il dito per verificare se è marcio.
  4. Cuscinetti: muovete lo sterzo e girate la ruota anteriore; non ci devono essere giochi.
  5. Coppia conica: verificate l’assenza di impuntamenti ; girate la ruota posteriore con la moto sul cavalletto centrale.
  6. Tachimetro: il ricambio è quasi introvabile e costoso.
  7. Accensione: a caldo deve girare bene anche se questo motore difficilmente patisce l’incuria.

 

QUOTAZIONI

Quotazione massima (condizioni perfette e libretto): 6900 euro.

 Al prezzo di una entry level ci si porta a casa una moto eterna e di valore storico 

Tecnica in breve:

VEL MAX: 175 Kmh

PESO IN ORDINE DI MARCIA : 190 Kg

POTENZA MAX: 50 CV A 7000 giri/min

COPPIA MAX: 6Kgm A 5000 giri/min

FRENI: Coppia tamburi 200 X 30 mm

CONSUMI: 4,5 LITRI X 100 KM A 110 KMH
(di Marcello Pieri)
 

 

Commenta con la tua opinione

X