Mi è arrivata una multa! Come faccio a far valere i miei diritti?
Premessa: la maggior parte delle contravvenzioni si basa su un’oggettiva e sacrosanta rilevazione delle infrazioni, accertate e contestate con professionalità ed imparzialità dai tutori dell’ordine e chi sbaglia deve pagare, senza cercare sotterfugi per sottrarsi alle proprie responsabilità. Nondimeno, l’ordinamento giuridico predispone, da sempre, strumenti di tutela contro gli errori della Pubblica Amministrazione, pur sempre […]
Premessa: la maggior parte delle contravvenzioni si basa su un’oggettiva e sacrosanta rilevazione delle infrazioni, accertate e contestate con professionalità ed imparzialità dai tutori dell’ordine e chi sbaglia deve pagare, senza cercare sotterfugi per sottrarsi alle proprie responsabilità. Nondimeno, l’ordinamento giuridico predispone, da sempre, strumenti di tutela contro gli errori della Pubblica Amministrazione, pur sempre composta da esseri umani e, per questo, fallibili. Il sistema del contenzioso e dei ricorsi, amministrativi e giurisdizionali, serve per far valere le proprie ragioni quando effettivamente sussistono i presupposti per opporsi a verbali erronei ed infondati o per rappresentare l’esistenza di motivi che, a norma di legge, ne consentono l’archiviazione, perché quella “multa” non doveva essere fatta. E’ moralmente biasimevole ricorrere sempre e “a prescindere”, intasando le prefetture e le segreterie dei Giudici di Pace, pur nella consapevolezza di avere torto, confidando nella benevolenza di chi deve decidere o, peggio, appigliandosi a cavilli formali o, ancora, sperando che il ricorso si perda nei meandri della burocrazia, venendo accolto per decorrenza dei termini. Ma, se crediamo di avere ragione, è utile sapere come muoversi.
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Capita sempre più spesso: tornate a casa e il portiere, serafico, aspetta che siate saliti, poi vi chiama al citofono: “Dotto’, c’è una raccomandata… non c’è bisogno che scende, ho già firmato io”. Già dal colore verdognolo della busta, intuite che si tratta di rogne. Leggendo l’indicazione del mittente (Comando Polizia Municipale di…, Sezione Polizia Stradale di… o addirittura “Montepaschi SE.RI.T. – Concessionario per la provincia di…”), scompare ogni dubbio: si tratta proprio di rogne. Dopo aver strappato malamente la busta e letto il contenuto, iniziate ad imprecare, prima mentalmente, poi sottovoce, poi ad alta voce, interrompendovi solo un attimo per un distratto “Buongiorno, signora” alla dirimpettaia che, scandalizzata, corre in chiesa per abbondanti abluzioni auricolari con l’acqua benedetta.
Rileggendo con più calma, vi sembra di capire che il giorno 31 luglio 2009 in località Piedirotti, via Garibaldi, n. 1000, “il conducente dell’autovettura NSU Prinz Abarth Super Sprint targata BN 368 HW (ehi, è proprio la vostra) ometteva di moderare la velocità approssimandosi ad un’intersezione ed incrociando altro veicolo. Nella circostanza abusava del dispositivo di segnalazione acustica”, violando gli artt. 141, c. 3 e 156, c. 1 e 3 del D. L. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo Codice della Strada). Tradotto in soldini: € 78 + 35 + 11 per “spese di procedimento”, totale € 124, da pagare entro 60 gg., tramite l’accluso bollettino di conto corrente, salvo il diritto di proporre ricorso entro 60 gg. al Prefetto di… ovvero entro 30 gg. al Giudice di Pace di…
Vi è stato notificato un verbale di accertamento di violazione, che riporta intestazione del Comando, generalità del verbalizzante, quelle del destinatario, estremi dell’autoveicolo, luogo, data e ora dell’infrazione, indicazione delle norme violate, una sintetica descrizione dei fatti, l’importo dovuto, i motivi per cui non è stato possibile procedere alla contestazione immediata, le modalità di pagamento, l’Autorità alla quale è possibile presentare ricorso e il relativo termine. Normalmente la notifica è preceduta da un preavviso di violazione, un modulo compilato a suo tempo dall’agente accertatore e consegnatovi con un sorriso o lasciato sul parabrezza; in questi casi dovreste ricordarvi della precedente arrabbiatura. Ma può capitare che la pioggia lo abbia distrutto o che, appunto, eravate assolutamente ignari che qualche occhio vigile si fosse annotato la vostra targa mentre, cattivissimi, impegnavate una corsia preferenziale, o strombazzavate o attraversavate l’incrocio col rosso e via “nefandezzando”. In ogni caso, il preavviso non è previsto da nessuna norma, è un atto di cortesia del Comando che vi avverte che si sta avviando un procedimento a vostro carico e vi dà la possibilità di andare a pagare subitoevitando le spese di notifica, ma rinunciando a proporre ricorso, il quale è esperibile solo avverso un verbale regolarmente notificato.
Altre volte vi perviene una più criptica cartella esattoriale (Egregio contribuente…), da cui sembra potersi dedurre che, nell’anno di grazia 2004, avete commesso una non meglio precisata infrazione al codice della strada in relazione alla L.689/81 (che diavolo vuol dire?), che il verbale vi è stato regolarmente notificato (a chi? A me? Ma quando?), che ve ne siete allegramente infischiati, che ora dovete corrispondere, entro 60 giorni, l’importo di € 398, comprensivo di spese di notifica, ancora tramite l’accluso bollettino e che, se continuate ad infischiarvene, si procederà ad esecuzione forzata… in pratica avete l’ufficiale giudiziario dietro la porta! Per saperne di più, non resta che rivolgervi al Comando cui appartiene l’organo accertatore. Cominciate a chiedere una giornata di permesso (o, se siete un lavoratore autonomo, concedetevela).
Nel frattempo, sgombrate il campo da una diffusissima barbarie terminologica: multa è la sanzione pecuniaria comminata dal giudice penale all’autore di un delitto, quindi dire “ho preso una multa” equivale ad autodefinirsi delinquente! Qualcuno parla di ammenda, ma anche qui a sproposito: questa è la sanzione penale pecuniaria prevista per le contravvenzioni penali (in pratica, reati minori), alcune delle quali, soprattutto in materia di circolazione stradale, sono state depenalizzate con la L. 24/11/1981, n. 689 (toh, quella citata poco fa), ma il retaggio lessicale è rimasto. E’ più corretto parlare di “sanzione amministrativa per infrazione stradale”. Ora che sapete esprimervi con proprietà di linguaggio potete affrontare la faccenda con rinnovato ottimismo.
Per prima cosa, verificate che la notifica sia regolare. L’art. 201 del C. d. S. dispone che “Qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione e con l’indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, deve, entro centocinquanta giorni dall’accertamento, essere notificato all’effettivo trasgressore… Alla notificazione si provvede con le modalità previste dal codice di procedura civile, ovvero a mezzo della posta… L’obbligo di pagare la somma dovuta per la violazione, a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, si estingue nei confronti del soggetto a cui la notificazione non sia stata effettuata nel termine prescritto”.
In sintesi, la notifica va fatta, in prima battuta, al trasgressore o al proprietario del veicolo, ma in sua assenza si può fare a persona convivente, al portiere, ad un vicino di casa e persino mediante affissione all’albo della Casa Comunale. In ogni caso, deve avvenire entro 150 giorni da quello dell’accertamento. Che in genere coincide con quello dell’effettiva violazione, ma in realtà decorre da quando l’organo di polizia ha la reale possibilità di contestare l’infrazione ad un destinatario, identificato dopo i dovuti riscontri al P.R.A. e all’anagrafe. Può succedere infatti che l’auto sia stata appena immatricolata e dagli archivi informatici ancora non si sappia che il felice proprietario siete voi, oppure che sia stata acquistata usata e sia ancora intestata al proprietario precedente, o ancora che il destinatario abbia traslocato e risulti sconosciuto all’indirizzo risultante dal P.R.A. In questi casi i 150 giorni decorrono da quando, dopo un balletto di notifiche (mia? Ma quando mai? L’ho venduta due anni fa! Chi, Tizio? E’ scappato due mesi fa con la figlia del fornaio!) il Comando abbia appurato chi è l’attuale proprietario e dove diavolo si sia nascosto. Chiaramente, questi sistemi vanno bene per voi, per me e per chi ha una casa da qualche parte, un qualsiasi recapito individuabile e un nome cristiano. Un bel po’ di soggetti eterni ospiti in Italia, invece, privi di fissa dimora non c’è verso di stanarli e delle “multe” non gliene importa un fico secco, girano con l’X5 o il Cayenne, senza patente, senza assicurazione, senza pagare bollo e nessuno gli dice niente, ma questa è un’altra storia!
Stabilito che la notifica è valida, occorre vedere se, per caso, l’infrazione non sia prescritta: se dal giorno della violazione sono trascorsi più di cinque anni, non dovete pagare nulla, come prevede l’art. 209 C.d.S. in relazione all’art. 28 della L. 689/81 (ma, se proprio ci tenete, potete pagare lo stesso: l’erario non protesterà).
Se non è prescritta, potete:
a) ammettere lealmente che la sanzione ve la siete strameritata, pagare e sorridere;
b) proporre ricorso al Prefetto (artt. 203 e 204 C.d.S.). In questo caso occorre armarsi di pazienza, prendere carta (libera) e penna e motivarlo per bene, con una succinta esposizione dei fatti e delle proprie ragioni; si può chiedere l’audizione personale e concludere con la preghiera di disporre l’archiviazione della pratica. Va inoltrato al Prefetto della provincia in cui si è verificata la violazione, tramite l’organo di polizia che ha eseguito l’accertamento. Quest’ultimo dovrà inoltrarlo, corredato dalle proprie controdeduzioni, entro 30 gg. al Prefetto che, valutata la documentazione, dovrà pronunciarsi entro altri 30 gg. Se accoglie il ricorso, dispone l’archiviazione degli atti. Se lo respinge, ingiunge al trasgressore il pagamento di una somma “non inferiore al doppio del minimo edittale per ogni singola violazione” (quindi attenzione a valutare bene se ci sono probabilità di successo, altrimenti la sanzione raddoppia). Contro tale ingiunzione è possibile proporre opposizione all’Autorità Giudiziaria (giudice di pace) entro 30 giorni dalla notificazione (art. 205).
Per capire se valga la pena di proporre un ricorso, fate mente locale e strizzate per bene le meningi, esplorando la memoria alla ricerca del fattaccio (anche se il più delle volte sarà inutile: non vi ricorderete assolutamente un accidente di niente). In qualche caso riuscirete a ricordare che in quel periodo vostro cognato, appiedato per il furto della sua macchina, vi chiedeva spesso la vostra in prestito: nulla di strano che la “multa” se la sia beccata lui… Oppure, scartabellando vecchie agende, scoprite che proprio quel giorno eravate ben lontani dal luogo riportato nel verbale (una ricevuta d’albergo, un biglietto d’aereo o di treno, oppure vi fate rilasciare un’attestazione dal capo ufficio che quel giorno a quell’ora eravate al lavoro)… Peccato che, ai fini del ricorso, tutti questi argomenti contino come aria fritta: il proprietario risponde in solido col conducente (art.196 C.d.S.) e il fatto che il giorno della violazione si trovasse altrove, anche su un’altra galassia, è assolutamente irrilevante: deve pagare lo stesso e poi, se vuole, può rivalersi sul guidatore distratto. Andatelo a spiegare a vostro cognato (che non ha ancora digerito quella storia del terreno dello zio buonanima) e preparatevi al salasso.
E’ possibile, però, trovare una ricevuta che dimostra, inconfutabilmente, che invece era la vostra auto a non potersi trovare in quel luogo, quel giorno e a quell’ora: ad esempio perché ricoverata in autorimessa o in officina, o imbarcata su un traghetto o, ironia della sorte, contravvenzionata da un altro organo di polizia distante centinaia di chilometri. Qui c’è qualche speranza di accoglimento, è abbastanza verosimile che l’accertatore abbia sbagliato a trascrivere i numeri della targa.
Se, Infine, vi ricordate che il giorno dell’infrazione quella vettura non esisteva più, era stata rottamata o, più semplicemente, non era più vostra (l’avevate venduta al riverito sig. Tizio, che sta collezionando infrazioni a nome vostro, oppure ne avevate denunciato il furto o l’incendio) e trovate qualche pezza d’appoggio, siete in una botte di ferro e non pagherete nessuna sanzione.
A volte è invece possibile dimostrare che il verbale è illegittimo per mancanza di contestazione immediata: per principio generale (art. 200 C.d.S.) “La violazione, quando è possibile, deve essere immediatamente contestata” e di essa “deve essere redatto verbale contenente anche le dichiarazioni che gli interessati chiedono che vi siano inserite”. In molti avvisi è riportata una generica dicitura che afferma l’impossibilità di intimare al conducente di fermarsi, richiamando i casi espressamente citati dal successivo art. 201 e dagli artt. 384 e 385 del D.P.R. 16/12/1992 n. 495 (Regolamento d’Esecuzione e d’Attuazione del Codice della Strada).
La prima norma elenca, tassativamente, i casi in cui la contestazione immediata non è necessaria:
a) impossibilità di raggiungere un veicolo lanciato ad eccessiva velocità;
b) attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa;
c) sorpasso vietato;
d) accertamento della violazione in assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo;
e) accertamento della violazione per mezzo di appositi apparecchi di rilevamento direttamente gestiti dagli organi di Polizia stradale e nella loro disponibilita’ che consentono la determinazione dell’illecito in tempo successivo poiche’ il veicolo oggetto del rilievo e’ a distanza dal posto di accertamento o comunque nell’impossibilita’ di essere fermato in tempo utile o nei modi regolamentari;
f) accertamento effettuato con i dispositivi di cui all’articolo 4 del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2002, n. 168, e successive modificazioni;
g) rilevazione degli accessi di veicoli nelle zone a traffico limitato e circolazione sulle corsie riservate attraverso i dispositivi previsti dall’articolo 17, comma 133-bis, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
L’art. 384 Reg. è praticamente diventato superfluo dopo la nuova formulazione dell’art. 201, ma è ancora vigente ed elenca, a titolo esemplificativo, i casi in cui l’infrazione non può essere immediatamente contestata: a) impossibilità di raggiungere un veicolo lanciato ad eccessiva velocità; b) attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa; c) sorpasso in curva; d) accertamento di una violazione da parte di un funzionario o di un agente a bordo di un mezzo di pubblico trasporto; e) accertamento della violazione per mezzo di appositi apparecchi di rilevamento che consentono la determinazione dell’illecito in tempo successivo ovvero dopo che il veicolo oggetto del rilievo sia già a distanza dal posto di accertamento o comunque nella impossibilità di essere fermato in tempo utile e nei modi regolamentari; f) accertamento della violazione in assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo.
L’ultima norma, infine, dispone espressamente che il verbalizzante deve specificare “i motivi per i quali non è stato possibile procedere alla contestazione immediata”. Per giurisprudenza consolidata, l’organo accertatore non può limitarsi a riportare nel verbale la generica affermazione di cui sopra (Non è stato possibile procedere alla contestazione immediata…), ma deve precisare le ragioni che, in concreto, hanno dato luogo all’impossibilità, citando cioè uno dei casi indicati e spiegando nel dettaglio perché la pattuglia non ha potuto contestare subito la violazione.
Dal 1995 il ricorso può essere presentato, personalmente e in alternativa, al giudice di pace, categoria professionale onoraria sostitutiva del pretore, entrata in servizio proprio in quell’anno.
Ai sensi dell’art. 204 bis, il ricorso va depositato nella cancelleria del magistrato (ricordate di farlo in 5 copie!), che fisserà l’udienza, alla quale si può presenziare anche senza difensore. E’ un mezzo d’impugnazione giurisdizionale e non amministrativo, quindi non si applica la norma che prevede il raddoppio della sanzione in caso di soccombenza. Il giudice, accertata la presenza delle parti (se non vi presentate perdete il ricorso automaticamente!) esaminerà la questione sotto gli aspetti sostanziali (cioè i motivi di fatto) e procedurali (cioè formali), valutando gli elementi di prova portati dalle parti. Ricordatevi che il principio “La sua parola contro la mia!” qui non vale: voi siete un qualsiasi cittadino, che ha tutto l’interesse ad evitare la sanzione, ma il poliziotto, carabiniere, vigile ecc. è un Pubblico Ufficiale e la sua parola non vale affatto quanto la vostra, ma almeno il doppio, godendo della c.d. “fede privilegiata” ai sensi dell’art. 2700 c.c. e facendo fede (cioè presumendosi veridica) “fino a querela di falso”. Il giudice pertanto chiederà a voi di portare elementi che valgano a dimostrare che il tutore della legge si è sbagliato. A lui chiederà solo di confermare quanto già asserito nel verbale e, al limite, le foto dell’autovelox o lo scontrino del telelaser, decidendo di conseguenza. In caso di accoglimento del ricorso e quindi di vostra vittoria, intimerà alla Prefettura di archiviare il verbale. In caso di sconfitta, invece, dovrete pagare la somma maturata fino al momento della decisione e le spese processuali.
Certuni, per farsi annullare una contravvenzione da 36 €, ci hanno messo due o tre anni, hanno perso nottate intere a predisporre gli atti e varie giornate lavorative fra uffici vari e udienze, oppure hanno pagato parcelle astronomiche ad avvocati e consulenti e, magari, alla fine non hanno avuto nemmeno la soddisfazione di vedersi riconoscere la ragione… Ma, diamine, è questione di principio!